Maternità: la bellezza di un corpo che cambia. Lettera aperta a mia moglie Mariangela

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Siamo abituati a canoni di bellezza rigidi, siamo circondati da immagini che ci fanno credere che la donna è bella quando è magra, alta e ha due gambe chilometriche. Il seno alto, il sedere al posto suo, i fianchi pronunciati ma non troppo. E poi il naso piccino, le ciglia lunghe, i capelli splendenti.

Ma è questa la realtà? È questa la vita vera?

La nostra società, così profondamente basata sull’estetica e sulla perfezione, ci fa perdere il focus su quanto, in realtà, la bellezza stia proprio nell’unicità di ognuno di noi. Ora, io non sono mai stato incinto, e non sono nessuno per dire ad una donna incinta come deve sentirsi, eppure ho vissuto l’esperienza indirettamente durante le due gravidanze di mia moglie. Sentirsi diversi da quello che la società “vuole” da noi può essere per alcune donne frustrante e snervante.

Questa vuole essere una lettera aperta a mia moglie Mariangela, ma anche la lettera di un uomo qualsiasi alla propria compagna di vita, oltre che un invito a tutte le donne a guardarsi allo specchio con occhi esterni, sperando possano vedere in sé stesse la bellezza che noi vediamo forte e chiaro ogni volta che le guardiamo.

A Mariangela, mia moglie.

Nei film le gravidanze sembrano sempre delle passeggiate. Nei racconti degli altri tutto è sempre semplice. Nell’immaginario collettivo se tutti lo hanno fatto allora è fattibile.

Se una donna lavora fino al giorno prima di partorire, allora tu sei “viziata” se non riesci a fare lo stesso.

Se qualcuna prima di te in famiglia non ha avuto alcun malessere per tutti i 9 mesi, allora sei tu quella debole che si lamenta sempre.

Grazie a te, Mariangela, ho invece capito che ogni gravidanza è un percorso personale, che varia da donna a donna, da figlio a figlio. Ho visto la forza con cui hai affrontato le gravidanze dei nostri bambini, l’amore che hai nutrito per loro fin dal giorno in cui hai scoperto della loro presenza, la forza con cui sei stata presente, per la nostra famiglia, ogni singolo giorno. Anche dal letto di ospedale, quando hai messo al mondo il più piccolo, immagino che il tuo cuore e la tua mente fossero divisi tra Samuel e Andrea, che ti aspettava a casa e non vedeva l’ora di conoscere il suo fratellino (e riabbracciare la sua mamma).

Ho visto il tuo corpo cambiare, ho visto il tuo sguardo diverso mentre ti specchiavi. Ti chiedo scusa se non sempre ho capito quanto potesse incidere su di te il cambiamento che stavi vivendo, posso invece dirti quello che ho visto io, con i miei occhi.

Ho visto quanta forza nasconde il corpo di una donna. La donna che spesso viene considerata come l’anello debole e fragile della società, in realtà è la sua forza. Ho capito che un uomo non potrebbe affrontare lo stesso percorso, soprattutto non potrebbe affrontarlo con la stessa forza e determinazione. Per questo ti ammiro e soprattutto ti ringrazio per averci reso una famiglia.

E quando vuoi insegnarmi come avere tutta quella forza io sono qui tutto orecchie pronto per ascoltarti.

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